mercoledì 30 novembre 2011

zone umide

Questo pomeriggio sono andato a fare una passeggiata in una zona umida protetta lungo il Piave,  ( veramente il nome corretto sarebbe "la Piave"), devo confessare che rispetto alle altre volte è stata un po' una delusione: non ho visto nemmeno un campione di avifauna mentre normalmente è pieno di aironi e germani e numerosi altri uccelli, particolarmente gli acquatici, mentre oggi niente, perfino i cervi che all'ultima visita erano venuti a mangiare dalla mia mano, se ne sono rimasti lontano, nonostante fosse il primo pomeriggio, il sole era già tramontato, così niente giochi di luce e poche foto e nemmeno soddisfacenti.
Stavo già ritornando costeggiando una recinzione, quando attraverso la rete che stavo costeggiando, vedo venire di corsa attraverso un prato  un cucciolo di capriolo.
Al momento pensai che fosse abituato alla gente, ma con mia grande sorpresa dopo pochi passi la recinzione piegava ad angolo retto e la bestiola era assolutamente libera nel prato, però venne vicino a me e mi sfiorò la mano con le labbra , poi si allontanò di pochi passi e cominciò a pascolare incurante della mia presenza e mi permise di scattare qualche foto a distanza ravvicinata.
 il lungo viale

Confesso che mi rallegrò la serata, da un po' di tempo ho la fortuna di qualche incontro molto ravvicinato con animali selvatici che mi fanno amare ancora di più la natura.

lo stagno gelato


famiglia di daini al pascolo

superbo esemplare di cervo

il cucciolo arriva

 

e pascola senza paura


laghetto lungo la Piave

lunedì 28 novembre 2011

sera d'autunno




Ascolta....
Con un fruscio secco e lieve,
simile a scalpiccio di fantasmi che passano,
le foglie accartocciate dal gelo si staccano dagli alberi
e cadono.
(A. Crapsey)

 Vespro, tutto riporti
quanto disperse la lucente aurora:
riporti la pecora, riporti la capra,
riporti il figlio alla madre.
(Saffo)

  Dov'è quel vecchio suonatore Jones
che giocò con la vita per tutti i novant'anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all'amore, né al cielo?
Eccolo! 
(Edgar Lee Masters)

lunedì 21 novembre 2011

poi arrivò la televisione


Dopo i miei esperimenti per vedere la televisione con uno specchio posto vicino all'apparecchio radio, ma purtroppo senza risultati, anche in Italia era arrivata finalmente la televisione.
La mia prima volta che vidi la TV fu in un paese vicino dove ero andato a trovare dei parenti che mi avevano poi invitato a restare là per la notte, avevo circa 10 anni.
La sera dopo la cena. mi accompagnarono in un'osteria vicina dove si trovava il primo televisore della zona.
Ricordo che l'osteria era affollata di persone incantate a guardare la TV e anch'io rimasi ipnotizzato a guardare la scatola magica; era una trasmissione di fantascienza ed il protagonista era un alieno di nome Aktabar, è passato oltre mezzo secolo, ma lo ricordo ancora.


Successivamente anche nel mio paese arrivarono i televisori nelle tre osterie del paese, allora alle cinque della sera, anziché correre nei prati, ci radunavamo nella sala del televisore in trepida attesa dell'inizio delle trasmissioni.
Dopo l'apertura con l'antenna che si stagliava fra le nuvole e la sigla con la maestosa musica di Rossini, appariva un quadro con immagine del Colosseo dagli studi di Roma. la Mole Antonelliana dagli studi di Torino e Il Duomo di Milano per gli studi di Milano, l'annunciatrice presentava la programmazione della giornata e finalmente la TV dei ragazzi.
Il personaggio più noto era Cino Tortorella nei panni di Zurlì mago del giovedì, poi si vedevano parecchi avvincenti telefilm, però qualche volta entrava in sala nei momenti di maggior suspense, il padrone dell'osteria. ex podestà fascista, che con la mano tesa e l'indice che indicava l'uscita, con un perentorio: "Bòce fòraaa!" (Ragazzi fuori!), ci privava del finale.
Che delusione!
Grandissimo il successo dell'Isola del Tesoro e tutti avvinti dalle storie dei pirati, con il famoso coro che cantava:" Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto oh oooh...".
La domenica andava in onda "L'amico degli animali" con Angelo Lombardi, seguita dalle avventure di Tarzan.
La sera era consentito vedere la TV solo durante le tre serate del festival di Sanremo e in quell'occasione si vedeva anche Carosello, altrimenti precluso causa l'ora tarda
Il festival che forniva alle massaie molte ore di conversazione fin dai tempi della radio, con la televisione divenne un evento epocale e oltre alle canzoni, diventarono familiari anche i volti dei cantanti, poi i commenti: Hai visto come era vestita la Tonina T.?
e la pettinatura di Betty C. ecc. ecc.
Non ho mai visto "Lascia o radoppia" perché andava in onda il giovedì sera e la sera i bambini non potevano uscire, mentre gli adulti si dovevano alzare all'alba per accudire gli animali.
Solo il sabato sera mia madre mi accompagnava a vedere "Il musichiere" con Mario Riva nella sala dell'osteria piena di persone.

Del Musichiere ricordo tutti i personaggi più interessanti, fra i quali uno dei finalisti dell'ultima trasmissione che divenne mio collega di lavoro e per molti anni continuò a raccontare di quella grande avventura.
Poi il benessere degli anni sessanta portò la televisione in tutte le case, determinando una rivoluzione inimmaginabile, le sere estive non si sentiva più il chiasso dei bambini che correvano per i prati, ma all'imbrunire tutti a casa a vedere la TV;
le donne dopocena non si incontravano più nel calduccio umido delle stalle per fare il "filò" ovverossia intrattenersi in gruppo per chiacchierare e lavorare a maglia nelle stalle dove il riscaldamento era ecologico a "calore animale" ed incominciarono nuovi bisogni come le brillantine, i dadi da brodo, i formaggini , i detersivi, poi le lavatrici, i frigoriferi, gli abiti su misura per arrivare alle auto sempre più grosse ed ingombranti, infine il tema centrale non era più uno sceneggiato, un documentario, un film, un evento sportivo, ma la pubblicità sempre più invadente, sempre più creatrice di bisogni superflui, dannosi, inutili, qualsiasi evento di cronaca anche di fatti drammatici viene spezzato per lasciar posto agli spot dove l'umanità è felice perché beve l'amaro X, le donne si concedono al macho solo se usa il deodorante K, i bambini crescono robusti, intelligenti e forti, ma devono mangiare il formaggino Z, magari fatto con gli scarti di formaggi scaduti e marci, intrisi di cose innominabili e tutto urlato a volume altissimo, perché il messaggio pubblicitario giunga anche al passante che transita nella piazza a 100 metri di distanza; poi per qualche minuto, fino alla prossima interruzione pubblicitaria, riprende la cronaca dell'evento drammatico, col giornalista di turno che immancabilmente chiede alla madre della ragazza barbaramente stuprata e uccisa: Signora cosa sta provando in questo momento?
Poi le trasmissioni di approfondimento che non approfondiscono nulla, perche c'è la solita manciata di politici, sempre gli stessi, intercambiabili, che ripetono settimana dopo settimana sempre gli stessi ritornelli, insultandosi tra di loro,
interrompendosi a vicenda, eludendo qualsiasi risposta e parlando del nulla.
Che squallore!

Con l'arrivo televisione un'epoca millenaria di civiltà contadina era finita col cambio dei modelli culturali e dei bisogni, così ci si inoltrava verso il ventunesimo secolo.













venerdì 18 novembre 2011

la radio (quando la televisione non c'era)

Riproposizione  di un post


Nel lontano 1954 a casa mia arrivò la radio, era una delle poche radio che esistevano nel villaggio, la marca era Minerva il design in perfetto stile anni 50, munita di quattro grosse manopole per la regolazione e, al centro del quadrante; "L'occhio magico", nome affascinante che prometteva visioni di mondi sconosciuti, invece era solo una valvola che permetteva di sintonizzare meglio la stazione trasmittente attraverso una finestrella a forma di occhio con la pupilla che si dilatava o si restringeva quando si centrava la stazione.
L' ingombrante apparecchio era, di solito, posto su una mensola
e per ripararlo dalla polvere, coperto da una fodera del tessuto usato per fare le tende, la copertura veniva tolta solo quando la radio veniva accesa.

La ricezione si diffondeva con le onde medie, durante la giornata si captavano solo i tre programmi della RAI: il programma nazionale che era il più importante, poi il secondo programma un po' più leggero, infine il terzo che non si ascoltava mai perché troppo culturale, poi popolarissima Radio Capodistria che nel primo pomeriggio trasmetteva le canzonette più in voga, addirittura dedicate ad amiche, parenti o fidanzati, ma si sussurrava che Radio Capodistria fosse da ascoltare a basso volume, perché in quanto radio comunista, ne era proibita l'audizione e se passavano i carabinieri, potevano esserci dei guai.

Col calar della notte aumentavano enormemente le stazioni che si potevano captare, principalmente Radio Praga che trasmetteva notiziari in lingua italiana, ma proibitissimi perché comunisti e la Radio vaticana che iniziava le trasmissioni sulle note del "Cristus vincit" e del saluto"Laudetur Jesus Christus".

Il momento magico della radio si aveva alla fine di gennaio con il "Festival di Sanremo" che era il momento epocale della canzonetta all'italiana e forniva argomento di conversazione per giorni e giorni alle donne del paese, poi se le canzoni trattavano di argomenti come:" La postina della Valgardena", " Vecchio scarpone", " Campanaro" o "La bella del Cadore", allora era il massimo, perché al centro di argomenti conosciuti da tutti.

Inutile dire che i motivetti venivano subito imparati e cantati come :" Son tutte belle le mamme del mondo" oppure "Vola colomba".

Di nascosto, perché mio padre non mi permetteva di toccare la radio, mi dilettavo ad ascoltare le trasmissioni ad onde corte allora il fascino di sentire "Romaradio radiotelefono marittimo" e si ascoltavano le comunicazioni fra i marinai in navigazione sui mari del mondo ed i familiari in Italia, anche se si udiva un solo interlocutore, però la fantasia, ascoltando queste voci lontane, permetteva di navigare con i marinai attraverso oceani sconosciuti.

In occasione delle festività natalizie, verso le sette di mattina, la RAI trasmetteva i saluti degli emigranti alle famiglie, allora la gioia di sentire alla radio una voce conosciuta di qualche parente che parlava dalle miniere di carbone del Belgio e la commozione della moglie dell'emigrante a udire dal vivo la voce del marito e poi girando per il paese, tutti che si complimentavano con lei per il grande onore ricevuto.

Il momento giornaliero di massimo ascolto era la sera alle 19,30 col notiziario Radiosera, che portava in casa le notizie dal mondo, frequentemente tragiche come la crisi di Suez, la rivolta in Ungheria o il naufragio dell'Andrea Doria, per non parlare della tragedia di Marcinelle nella quale morirono a mille metri di profondità in una miniera di carbone in Belgio 262 minatori dei quali 136 italiani.


Si ascoltavano dai giornalisti dei termini strani dei quali non si capiva il significato come: "caso Montesi", " il gabinetto del ministro", oppure il "forenofis" e mi ci vollero molti anni per scoprire che il "forenofis" era il " Foreign office".

Altro momento significativo, quando durante le solennità religiose il papa Pio XII impartiva la benedizione Urbi et orbi, e
se capivo chi erano gli orbi, il dubbio rimaneva per gli urbi e alla richiesta di chiarimenti, nessuno era in grado di darmi una spiegazione convincente, risolsi il dubbio a modo mio ritenendo chi gli urbi fossero i sordi, però mi pareva molto riduttivo il fatto che la solenne benedizione fosse dedicata solo ai sordi ed agli orbi e perché no al resto dei fedeli che erano la stragrande maggioranza?

Nell'occasione della benedizione papale, mia madre andava a radunare le vecchie devote che per l'occasione si inginocchiavano in cucina e ricordo che inginocchiandosi mostravano fino a mezza coscia le grosse calze di lana grezza lavorate ai ferri e con anelli di elastico nero per sostenerle alla coscia.

Quando il papa pronunciava il " benedicat vos" con la sua voce squillante, le vecchie si facevano il segno di croce più ampio possibile, perché quella era la benedizione del papa e valeva molto di più di quella del parroco.

Un giorno un prete mi regalò un piccolo opuscolo con dei disegni colorati e per la prima volta venni a conoscenza dell'esistenza in America della televisione.

Il disegno raffigurava un ragazzo davanti ad una radio anni 50 con uno specchio accanto, evidentemente il disegnatore non aveva mai visto un televisore, ma tanto bastò perché per molti pomeriggi, quando ero solo in casa, provassi a mettere lo specchio del bagno accanto alla radio per cercare di costruire una TV.

Una nuova epoca stava iniziando ed il mondo non sarebbe più stato lo stesso con l'era della televisione.


lunedì 14 novembre 2011

Il villaggio dell'infanzia

Ripropongo alcuni post già pubblicati in passato partendo dai miei ricordi d'infanzia in un paesino delle Dolomiti.

 il piccolo villaggio della mia infanzia

Qualche tempo fa, leggendo un blog che parlava di scandole, per associazione di idee le scandole mi hanno riportato alla mia infanzia
Le scandole sono delle assicelle di legno di larice larghe una ventina di centimetri per circa un metro di lunghezza e venivano utilizzate per la copertura dei tetti in montagna.
Fra i ricordi nostalgici della mia fanciullezza, uno dei più vividi riguarda i temporali estivi, particolarmente forti nelle ore pomeridiane del mese di giugno

, quando usciva dall'inferno la madre di san Pietro, che, secondo le storie che i vecchi mi raccontavano, era una donna malvagia e per questo motivo era finita all'inferno, però in prossimità della festività dei santi Pietro e Paolo riusciva a fuggire, ma quando veniva ricacciata nelle fiamme eterne si ribellava scatenando furiosi temporali.
Durante questi temporali mi piaceva rifugiarmi nel fienile dove era stato accumulato il primo taglio della fienagione ed era una delizia scavare un foro nel fieno ed infilarsi per un sonnellino pomeridiano, anche perché col temporale non c'era la possibilità di giocare all'esterno e non c'era la TV.
la fienagione agli inizi del secolo scorso
Il fieno, che fermentava, emanava dei profumi incredibili, profumo di sole, di fiori, di prati, ma anche di tante fatiche e privazioni e anche serenità.
Allora, nel mio buco avvolto nel fieno , guardavo il tetto coperto di scandole e sentivo la pioggia scrosciante, mentre i tuoni si susseguivano fortissimi facendo vibrare le assi delle pareti ed i lampi si insinuavano fra le fessure a volte accecanti quando la saetta era caduta su qualche abete vicino, però in quel posto mi sentivo protetto ed al sicuro senza nessuna paura.
Altri momenti che ricordo con nostalgia, erano le serate d'inverno, quando per risparmiare la legna si passavano le serate nelle stalle, dove il riscaldamento era garantito dall'alito umido delle mucche e dal fieno che fermentava.
Ricordo la luce di una nuda lampadina da tre candele coperta dalle cacche delle mosche che emanava una luce fioca e giallastra e quando veniva accesa qualche altra lampadina un attrezzo chiamato limitatore (dei consumi), faceva lampeggiare le lampade finché una non veniva spenta.
Nella stalla c'era un odore particolare di fieno, di lettiera, di alito delle vacche, ma non era fastidioso, forse perché faceva parte della nostra vita.
Radunarsi nelle stalle 
 la stalla
era detto in dialetto: "fare filò" e raramente ricordo ci fossero degli uomini, normalmente erano le donne e qualche bambino; le donne lavoravano a maglia e passavano la serata raccontando gli ultimi pettegolezzi della vita in paese, ma il pezzo forte della serata erano le storie macabre.
Queste storie raccontavano di morti ed era credenza comune che quando qualcuno veniva a mancare, pochi momenti prima del decesso, ci fosse un segnale costituito da qualche rumore inspiegabile, una signora raccontava di un giovane figlio deceduto cadendo da un tetto distante dalla casa della madre e questa signora si trovava in camera sua quando udì il rumore di una biglia che correva sopra l'armadio e lo schiocco della biglia caduta sul pavimento, ma per quante ricerche avesse fatto anche in seguito, della biglia non v'era traccia, poi arrivò qualcuno a dirle che il figlio era morto.
In altri casi raccontavano di rumori forti senza alcuna spiegazione, salvo, poi arrivare la notizia di qualche decesso di persone care e distanti.
Altri racconti, che poi ci procuravano degli incubi, parlavano di fantasmi.
Una di queste storie sentita ripetutamente da mia madre, si riferiva al racconto di suo fratello più anziano di lei di una quindicina di anni. Una notte, mentre dopo diversi mesi di lavoro all'estero tornava a casa nel villaggio di una decina di abitazioni in una radura isolata in mezzo ai boschi ed ai torrenti, dunque mentre, percorreva il lungo sentiero nel bosco, in prossimità di una grande quercia, incontrò una signora anziana di un villaggio distante con la quale scambiò poche frasi, perché la signora aveva premura.
Il giorno seguente raccontò l'episodio a mia nonna, meravigliato del fatto che questa signora si trovasse in piena notte così distante da casa sua e mia nonna lo interruppe dicendo che questa signora era morta da diversi mesi mentre lo zio era all'estero, il mistero si infittì quando mio zio raccontò ai familiari della defunta dell'incontro e di come era vestita narrando dei particolari dell'abbigliamento, i parenti riconobbero che la donna, così era stata abbigliata per l'ultimo viaggio.
In seguito a questo racconto da ragazzo, quando mi capitava di passare vicino a quella quercia al buio, allungavo il passo, ma non incontrai mai nessuno.
Questi racconti ci facevano correre i brividi lungo la schiena, mentre le mucche si giravano a guardarci con i loro grandi occhi umidi e miti e quando si giravano si sentiva il rumore della catena che scorreva nel foro della greppia e il rumore caratteristico che producevano ruminando.
verso la piazzetta
Altro momento interessante era quando, frequentemente, le donne toccavano argomenti inerenti al sesso e si arrampicavano sugli specchi alludendo in maniera che i bambini non capissero di cosa si trattava, ma noi tendevamo le orecchie perché sapevamo fin troppo bene a cosa alludevano.
Poi, con il passare degli anni le stalle si sono svuotate, i fienili non sono più ricoperti dalle scandole, ma o coperti da lamiere ormai arrugginite, oppure sono diventati seconde case abitate un paio di settimane ad agosto e nel villaggio della mia infanzia, per gran parte dell'anno girano solo le volpi, i cervi, i caprioli e in questi ultimi anni anche i cinghiali, ma raramente gli uomini, solo i ricordi e le fatiche di chi non c'è più rimangono e anche il vento è più triste.

il villaggio deserto