venerdì 27 aprile 2012

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lunedì 23 aprile 2012

vacanze spagnole: Gitani

Qualche anno fa, passai le vacanze estive in una cittadina della Costa Dorada.
La Spagna mi ha sempre affascinato per la grande vitalità di quel popolo, per la fierezza e la gioia di vivere.
Altri aspetti, come la corrida, non li approvo anche se fanno parte della loro tradizione, purtroppo devo confessare che in quella vacanza in Plaza de toros a Barcellona ci sono andato anch'io.
Forse in quell'epoca il mio spirito animalista non era abbastanza affinato, inoltre ero un lettore affezionato di Ernest Hemingway e col senno di poi da Hemingway ero stato fuorviato, sarà stato sicuramente un grande scrittore, ma il suo modello di vita, a mio parere, non deve essere d'esempio.
Dopo aver visto umiliare, seviziare e uccidere sei tori, è per me motivo di vergogna aver assistito alla corrida.
Di fronte all' albergo in cui alloggiavo in quella cittadina della Costa Dorada,c'era uno dei tanti locali tipici spagnoli in cui si ballava il flamenco gestito da una gitana di nome Paquita, ci sono entrato la prima sera del soggiorno spagnolo assieme ad un amico che faceva parte del mio gruppo turistico.
Questo amico di nome A***, era in Spagna assieme alla figlia di dieci anni per un periodo di riflessione, in quanto il suo legame matrimoniale era traballante, poi A*** lo rividi qualche anno dopo alla televisione nel programma di Raiuno "10 anni della nostra vita" dove parlava proprio del suo matrimonio.
A*** era un giovane molto esuberante, che spargeva simpatia a prima vista, sempre sorridente e con un che di zingaresco nell'aspetto.
Allora, entrati in questo locale per gustare una sangria, A*** calamitò immediatamente l'attenzione, e data l'ora pomeridiana, non c'erano altri avventori nel locale così fu l'inizio di un' amicizia con Paquita e le tre ballerine di flamenco e, da quella sera, "da Paquita" divenne una tappa obbligatoria.
Il nostro tavolo accanto al palco era sempre riservato per noi e le ragazze, negli intervalli sedevano vicino a noi, ormai considerati amici.
E galeotto fu il locale e chi lo frequentò, tanto che scoccò la scintilla fra A*** e Juanita, una prosperosa ragazza gitana, dai lunghi capelli neri ondulati e dallo sguardo infuocato.
In questo legame si delineò un ostacolo rappresentato da un terzo incomodo, che era il fidanzato di Juanita destinato a lei dal suo clan fin dalla nascita, ci raccontò Juanita.
Questo ragazzo entrava nel locale tutte le sere verso mezzanotte accompagnato da un paio di amici, ma non sussistevano dubbi su chi fosse il leader del gruppetto.
Era, questo ragazzo, magro come un chiodo i folti capelli ondulati e di un nero acceso, le basette lunghe, lo sguardo altero e penetrante, sempre vestito di nero come certi pistoleros nei film western, un personaggio che intimidiva solo se ti sfiorava con lo sguardo, inoltre anche i suoi amici erano inqietanti.
Juanita ci raccontò la storia del suo fidanzamento, ma ci raccontò anche che il ragazzo era un "maricon"; ignoro se il termine maricon sia considerato offensivo, ma si capisce bene cosa significa quando anche il maricon s'innamorò di A***, e comiciò ad esserci tensione fra Juanita e il ragazzo con forte disagio da parte di A*** cui il maricon non interessava per niente.
Una sera dopo cena, io ed A*** entrammo in un bar sul lungomare per il caffé ed all'estremità del lungo bancone scorgemmo, nella penombra del locale, la presenza del maricon con i suoi amici, il maricon cominciò a fissare con insistenza A***; mentre noi consumavamo il caffé velocemente per allontanarci in fretta, entrò Juanita che venne a sedersi al nostro fianco con un gesto di sfida nei confronti dei maricones e cominciò un acceso diverbio fra i due fidanzati ufficiali, fatto di insulti, lui che rimproverava Juanita urlandole: "tu es sangre del my sangre" e lei che replicava: "tu es maricon", in mezzo noi due molto, molto a disagio.
Alla fine i maricones uscirono, noi accompagnammo Juanita al locale dove ballava e ritenemmo opportuno terminare la serata nel nostro albergo.
La mattina dopo, A*** mi raggiunse in spiaggia, raccontandomi che percorrendo la strada dall' albergo al mare, scorse il maricon solo ed appoggiato all' angolo di una casa, mi raccontò del brivido che gli percorse la schiena quando passò avanti al nero figuro e disse di aver già sentito la lama di un coltello infilarsi in profondità fra le costole, nulla accadde, ma per tutto il percorso sentì lo sguardo ustionante del maricon penetrargli nella schiena altrettanto bruciante della lama del coltello.
Fu la fine di un amore con la bella gitana, perché A*** non frequentò più il bar "da Paquita", io continuavo ad andarci tutte le sere con la mia famiglia, ( mio figlio, che all'epoca aveva una decina d'anni, aveva eroicamente cercato qualche sera di resistere al sonno per vedere i maricones, ma il sonno aveva sempre vinto).
Alla fine della vacanza, l'utima sera, assieme a mia moglie, passammo per salutare, ma il locale era chiuso.
Quando dall'interno ci videro, aprirono la porta per farci entrare, poiché avevano chiuso per festeggiare il compleanno di Juanita e noi eravamo graditi ospiti. Ebbi così l'occasione di passare una serata in allegria assieme a tutti i gitani ( il maricon non c'era) e per me e mia moglie fu un grandissimo onore come unici non gitani  presenti.
Ho spesso pensato a Juanita e ancora oggi, quando vedo ballare il flamenco, guardo sempre le ballerine sperando di scorgere Juanita, che riconoscerei ancora fra mille senza alcun dubbio.