lunedì 25 novembre 2013

le mie stagioni: L'autunno






 
Il tempo si era guastato, pioveva spesso, ora in

rovesci improvvisi, ora in uno spolverìo fine e

penetrante che era quasi una nebbia; i sentieri

erano fangosi, e i boschi emanavano

un odore pungente di funghi

che faceva già presagire l'autunno.
 (Primo Levi)




Sulla montagna l'autunno lo sentivi nel sangue già i primi giorni di settembre e forse la fine dell'estate era decretata dalla "lessada"  della quale ho già scritto in altro post.
La lessada consisteva in un picnic, ( come si direbbe oggi), in una radura nei boschi, mentre l'estate era d'obbligo la polenta per la lessada si usavano invece  patate novelle e pannocchie di granturco e zucche lesse da cui il nome "lessada".


Generalmente prima si mangiavano le patate lesse con formaggio e salame e, a volte, del radicchio  tagliato a striscioline con qualche fettina di cipolla e condito, un piatto delizioso con le patate, ma non sempre disponibile poiché richiedeva piatti e terrine, troppo ingombranti e fragili da trasportare, allora non esistevano i piatti di plastica arrivati qualche anno più tardi negli anni del consumismo
L'ingrediente principe era la pannocchia



 che veniva lessata oppure abbrustolita sulla brace e si mangiava a  chiusura del pasto.
Nel bosco si avvertivano i segni della fine estate, il sole percorreva una curva più bassa e le ombre erano molto più lunghe, la guazza persisteva per tutta la giornata nelle zone d'ombra, era facile trovare famigliole di funghi autunnali, e i colori del bosco erano diversi,

 il verde pisello  tenero della primavera e inizio estate era molto più scuro, l' erba cominciava ad ingiallire, non si udivano più trillare gli uccelli e sembrava che perfino i suoni usuali della foresta fossero diversi, più  cupi e sospesi, si avvertiva che un ciclo era giunto alla sua conclusione.
L'autunno era anche il tempo della raccolta della legna da ardere, un bene indispensabile per la vita in montagna, perché era l'unico combustibile a disposizione e di legna ne serviva in abbondanza per riscaldare le modeste abitazioni nel lunghissimo inverno che stava arrivando.
Gli anziani insegnavano che le piante andavano tagliate con la luna calante in tardo autunno quando la linfa non circolava, così si sarebbero seccate alla perfezione con una ottima resa calorica, altrimenti se venivano tagliate in altri periodi dell'anno avrebbero bruciato con poca fiamma  e  sarebbero marcite nelle cataste e indubbiamente sapevano bene quanto affermavano.
In quegli anni non esistevano motoseghe e tutto il lavoro veniva eseguito manualmente  ed un lavoro molto faticoso e pericoloso, compito dei ragazzi era di affastellare la ramaglia in grandi mucchi e poi coadiuvare i grandi per portare la legna a casa.


Il primo ottobre iniziava l'anno scolastico e tutti i bimbi a scuola con le cartelle nuove fiammanti,  un paralellepido col marchio dal nome altisonante di: "Pura fibra"  che ci rendeva orgogliosi ( ignoravamo che si trattava di volgarissimo cartone), poi in poco tempo le cartelle si sarebbero deteriorate a causa degli usi impropri a i quali le sottoponevamo ad esempio come slittino sui declivi vicino alla scuola, scivolavano bene anche sull'erba bagnata.


A novembre molto sentita era la giornata di san Martino il santo dei poveri, la vigilia era d'uso per i bambini girare in gruppetti per il paese ed evento straordinario dopo la cena, per questuare, ( questa era una tradizione arcaica  che veniva da tempi remoti, di probabile origine celtica, persa poi negli anni del benessere o meglio del consumismo e reintrodotta recentemente come "Halloween", perdendo lo spirito originario per diventare consumismo e moda); il gruppetto si fermava davanti alla porta  e cantilenava delle zoppicanti filastrocche  tipiche per san Martino che risalivano chissà a quante generazioni precedenti, finché qualcuno si affacciava all'uscio e ci regalava  qualche frutto , qualche castagna o qualche biscotto.
A volte qualche porta non si apriva ed allora c'era una filastrocca anche per quella famiglia  che diceva, ( ma in dialetto):
San Martin dalla capra rossa,
non si sa quanto che costa,
se costa un tarantan
sulla porta di un villan.
E poi via!
Nel buio profondo dei villaggi, ( mancava l'illuminazione pubblica) era anche l'occasione buona di combinare qualche marachella e venivano particolarmente presi di mira i personaggi asociali,quelli che erano sempre pronti a vietare ai bambini di giocare nelle vicinanze, sempre pronti a sbraitare per futili motivi come il chiasso momentaneo durante un gioco,  quelli che se ti prendevano te l'avrebbero fatta pagare a sberle e calcioni, allora passando davanti a quelle case un bel lancio di frutti nelle finestre a volte con qualche vetro in frantumi e poi via di corsa.
Il giorno dopo a scuola indagini di maestri e della guardia comunale per scoprire i colpevoli, ma sempre senza esiti, l'omertà imperava e anche chi sapeva, ma non c'entrava niente con la marachella, se ne stava ben zitto per solidarietà.
Non edificante questa ultima parte, ma queste cose succedevano.
 Novembre era anche il mese delle burrasche, " brentane" venivano chiamate ed erano molto pericolose in quei paesini aggrappati alle pendici di qualche monte.
Tutti i ruscelli ed erano molto numerosi, solitamente quieti diventavano dei torrenti impetuosi e vorticosi neri dalla terra che erodevano, 


anche il vento urlava impetuoso e si sentivano gli schianti delle piante spezzate o sradicate, eventi molto pericolosi poiché ostruivano il defluire delle acque diventando delle pericolose dighe che quando poi cedevano aumentavano fortemente  il flusso, oppure incanalavano le acque fuori dell'alveo naturale  con esiti disastrosi per le abitazioni sottostanti, guardando in alto dalle finestre di casa si vedevano i prati sui declivi che cominciavano a franare  a volte piccoli mucchi di terra, a volte frane  molto estese; di notte gli uomini uscivano in squadre  per intervenire  e cercar di contenere negli argini i torrenti che mangiavano terra muretti sassi dilagando improvvisamente, ma la paura si avvertiva il tardo pomeriggio con il calare del buio e buio totale anche perché le linea elettrica che arrivava in paese era interrotta fin dall'arrivo del vento e la luce era data dalle candele, qualche lanterna a petrolio che le donne usavano durante la mungitura e dalle lampade ad acetilene dei minatori.
Come bambini ci sentivamo protetti e non avvertivamo il senso di paura dei grandi, ma poi ho capito perché con il calare delle tenebre molti uscivano sull'uscio con la paletta per il fuoco piena di brace sulla quale venivano bruciate le foglie di ulivo benedette la domenica delle palme e che si trovavano in ogni famiglia sopra ogni letto assieme al crocifisso e tutti pregavano per esorcizzare la brentana durante la notte.
Quando poi cessava la pioggia si faceva il giro del paese per vedere i danni, i ponti spariti, qualche tetto scoperchiato, abeti troncati, muri parzialmente crollati erosi dal torrente, frane  e melma a non finire, da ogni muretto a secco fatto dagli antenati per contenere  ed alzare il livello della terra, continuava per diversi giorni a sgorgare l'acqua che impregnava i prati e molte persone desolate  per i danni subiti, a volte si sapeva che qualche persona conosciuta anche di paesi vicini non sarebbe più tornata a casa travolta dall'acqua o  dal fango e poi, anche molti anni dopo, si diceva:" Ti ricordi quell'anno che  è morto il Piero Y. oppure anche che si è spezzato il pero del D.?" e allora in un attimo riaffioravano alla memoria tutti i fatti salienti di quell'anno e di quella brentana.
 A fine novembre la temperatura rigida portava le prime nevicate attese trepidamente  e le prime discese con lo slittino e tanto chiasso e voglia di vivere, perché la vita continua.



 
Passano nella nebbia

un contadino e il suo bue..

lentamente nella nebbia d'autunno

che nasconde i poveri tuguri.

E, mentre s'allontana,

il contadino canta una canzone triste

Oh, l'autunno, l'autunno

ha sepolto l'estate.

Passano nella nebbia

due figurine grigie.
 (Guillaume  Apollinaire)


7 commenti:

Patzy ha detto...

Amo "le tue stazioni," Sileno! Un piacere per gli occhi e la lettura. Grande abbraccio.

Pierpaolo ha detto...

C'è qualcosa di magico nel tuo autunno fatto di nebbia e di malcelata nostalgia... Apprezzabile ancor più della moderna estate...
Un saluto Sileno, ti porto sul mio facebook...

Gibran ha detto...

Il racconto, i paesaggi la poesia tutto meraviglioso. Anch'io ancora possiedo con gelosia la cartella di cartone.
Ciao Sileno un abbraccio.

Graziana ha detto...

Ed è la mia preferita, fatta di tempi distesi: la preferita della mia giovinezza, della mia maturità.

Leggere il tuo autunno arricchisce questo meraviglioso tempo di valori aggiunti: grazie per questa e perle altre tue stagioni.

speradisole ha detto...

Sono passata di qui più volte e mi sono lasciata affascinare.
Ti lascio un abbraccio ed un saluto cordiale.
Ciao Spera
P.S. Anche per dirti che ho ancora un sacco di problemi col mio Pc, non andiamo d'accordo, soprattutto per quanto riguarda le mail.

rosso vermiglio ha detto...

Quando ho bisogno di farmi accarezzare il cuore, passo di qua e la mia anima trova pace. Grazie Sileno, grazie per tutto quello che riesci a trasmettermi. Ciao :)

Anonimo ha detto...

più che foto quelle appena viste sembrano quadri di un pittore impressionista con contorni talvolta sfumati epreziosi, accompagnano la lettura di una stagione sfumata, persa nel ritmo nuovo della vita, ma quanto quei profumi e ricordi aiutano nel cammino attuale, e negli occhi che si aprono chiari sui ricordi
bellissimo post, un amichevole abbraccio